3 Maggio 2024
NOTE & NOTIZIE

Se “c’era un patto tra mafia e massoneria”, quale massoneria e chi sono questi massoni?

Continuano le “rivelazioni” del “pentito”, Carmelo D’Amico, ex temibile boss della criminalità organizzata non solo barcellonese sulla quale, ad “ogni puntata”, ne sappiamo sempre di più e di “meglio”, al netto delle verifiche, ovviamente!

I due Sostituti Procuratori della Distrettuale Antimafia, Angelo Cavallo e Vito di Giorgio, dopo un incessante lavoro hanno ormai un plico di verbali tali da poter sapere fatti nuovi e conferme su tanti anni passati dell’agire della mafia e dell’effettiva penetrazione e potere concreto nella vasta zona della fascia tirrenica con “centro” Barcellona PG.

Difatti, un patto tra ambienti mafiosi e massoneria esiste dagli anni novanta quando cominciò la marcia al vertice criminale di Giuseppe Gullotti ed egli stesso capo-massone; si tratterebbe una “massoneria segreta” particolare, data la sua apparente composizione tra effettivi mafiosi ed, a quanto pare, elementi marci delle istituzioni locali e/o che avrebbero condizionato, pilotato, depistato, deciso, destini, cose e vicende di vario genere sia a livello locale che, appunto, oltre; spiegando così il perché, ad esempio, nonostante denunce, documenti, indagini e tantissime, insistenti, voci di popolo e tra vari corridoi di diversi uffici pure pubblici ed altro, mai niente di “serio” sia venuto a galla.

Oggi si sa, attraverso il “pentito” Carmelo D’Amico ed altri locali criminali che il direttore della Condotta agraria di Barcellona, Carmelo Ferro sia stato ucciso, nel 1993, perché “avrebbe permesso” l’arresto del potentissimo boss catanese Nitto Santapaola, il quale si sarebbe rifugiato nella, per lui, fidata e tranquilla area tra Barcellona e Terme Vigliatore.

I grandi interessi della cosca barcellonese, in sintonia con altre di Catania e Palermo, hanno prosperato negli anni novanta per la costruzione della nuova ferrovia a doppio binario compresa la stazione di Barcellona ed, in questo quadro, si rileva l’attività mediatrice del Carmelo Ferro tra diverse cosche dell’ampia zona messinese interessata ed operante in vari modi e tempi.

Oltre al delitto di Ferro, tra le decine e decine già confessati, il D’Amico si assume la paternità anche di quello dell’ingegnere Antonio Mazza, editore dell’allora “Tele News” in una villa di Giammoro mentre giocava a carte con degli amici, sempre nel 1993; se l’assassinio del Ferro sarebbe stato eseguito per “coprire” il vero “traditore” di Nitto Santapaola, consentendone l’arresto, per Mazza avvenne per volontà dei “Barcellonesi”, perché, questi, avrebbe rivelato e diffuso pubblicamente gli interessi poco chiari relativi all’allora squadra di calcio locale, “Igea Virtus” in quel momento “capitanata” da Pippo Gullotti e da Pietro Arnò.Le indagini, in effetti, fecero venire in superficie molte e diverse irregolarità ed illegalità inerente il fallimento delle società e/o ditte di Arnò, il quale, comunque diventò direttore dell’AIAS dopo lo scandalo della stessa di Milazzo. Il fatto poi che l’ing. Mazza abbia “chiamato” alla sua TeleNews, l’allora corrispondente de “La Sicilia” di Catania, è, di certo, stato considerato poco gradito dalla cosca locale ma, poco appare chiaro che non sia stato questo – come da sopra si evince – il “casus belli” dell’uccisione dello stesso Mazza.

 

“Su Cattafi chiesi spiegazioni”, – rende noto il D’Amico – a Gullotti e Di Salvo, tenendo conto su “quanto mi avevano detto circa il ruolo del Cattafi nella cattura del latitante Santapola e dell’incarico che mi avevano dato di uccidere il Cattafi stesso. In quella occasione chiesi conferma se il Cattafi facesse parte della nostra organizzazione ed entrambi, tanto il Gullotti quanto il Di Salvo, mi dissero espressamente che era un”uomo d’onore” e che faceva parte della “famiglia”. Il Di Salvo mi disse espressamente che il Cattafi era stato fatto “uomo d’onore” a Catania da Nitto Santapaola in persona”. In quella occasione, sostiene il D’Amico – Di Salvo avrebbe escluso che il Cattafi avesse contatti con i palermitani e che Cattafi facesse parte di una gran e segreta loggia massonica che comprendeva Sicilia e Calabria e che, anzi Cattafi e Di Salvo sarebberso i vertici di essa. D’Amico poi narra di un “personaggio” che farebbe parte di questa grande loggia ma non è affatto organico alla famiglia mafiosa… Chi sarebbe questo personaggio, a quanto pare molto noto ed influente, non è stato ancora rivelato, ma, a questo, punto o quanto prima, il nome dovrebbe sapersi, per ovvi motivi. E’ anche ovvio, che di logge massoniche ve ne sono tante e diverse per cui, sarebbe interesse anche della “Massoneria” ufficiale che tutto venga chiarito per evitare ovvi malintesi e possibili confusione: insomma, avremo ancora altre “puntate” per saperne di più e meglio…almeno si spera!

Pare pure che i Magistrati vorrebbero capire, meglio e più chiaramente, l’effettivo ruolo dell’avv. Saro Pio Cattafi, perché, dalle diverse dichiarazioni del D’Amico ed altri “pentiti”, sarebbe il presunto “Capo dei Capi”, mentre per altre dichiarazioni, questo ruolo non troverebbe riscontro: ad ogni modo ed in ogni caso, come, ovviamente, ribadiamo spesso, saranno le Aule dei Tribunali, a tempo dovuto, a chiarire tutto per tutti!

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