5 Maggio 2024
NOTE & NOTIZIESTORIA & DOCUMENTI

Una vera resistenza per difendere la Nazione: la vera storia dello sbarco in Sicilia

Fortunatamente, ormai da anni, sono emerse e stanno sempre più emergendo tante verità su tanti e diversi fatti e personaggi inerenti alla prima ed alla II Guerra Mondiale. Oggi, ricordiamo una pagina eroica della difesa della Sicilia contro l’invasione anglo-americane ed in particolare Lo sbarco di Gela e la battaglia che ne è derivata.

Infatti, contrariamente alla propaganda di guerra, che è ovvia in ogni conflitto da tutte le parti protagoniste, mano mano che passa il tempo, si vanno attenuando gli odi ed avviene il graduale cambio delle generazioni, vengono aperti archivi, arrivano muove testimonianze e documenti da diverse fonti, studi e Paesi, specie di quelli una volta contrapposti, anche le “verità” ufficiali si vanno via via attenuando, prima timidamente, eppoi sempre più chiaramente, perché la Storia, come sempre, prima o poi, riprende il suo corso presentando il conto a tutti per tutto…!

In questo senso, si deve intendere un evento che merita essere ricordato anche alle nuove generazioni: la “Battaglia di Gela!”.

Fortunatamente e finalmente, si parla di questo fatto storico, che, volutamente, troppi da più parti per ovvi motivi, hanno cercato di far dimenticare, così come per altre verità nascoste da decenni.

During the invasion of Sicily, an American cargo ship is hit by a bomb from a German plane and its cargo of munitions explodes, off Gela, Sicily, July 11, 1943. Lt. Robert J. Longini. (Army)
NARA FILE #: 111-SC-180476
WAR & CONFLICT BOOK #: 1023

Tra gli altri, in questo caso, abbiamo scelto di riprendere, seppur in sintesi, quanto ha scritto, in modo molto chiaro, il 27 febbraio 2017, su “La Stampa” dal giornalista Andrea Cionci.

Per meglio capire quegli eventi, è importante, innanzitutto, ricordare, ciò che ormai è noto, che la mancanza di una generale resistenza all’ attacco nemico di allora, si spiega, principalmente, dalla precisa azione della concreta e preziosa collaborazione della mafia con i Servizi Segreti americani. Intanto, “La collaborazione con la mafia partì in grande stile: la valanga di informazioni fornite ai servizi segreti Usa da Lucky Luciano consentì agli americani non solo di smantellare la rete spionistica italiana nel porto di New York, ma anche di garantirvi una forzosa pace sindacale per non turbare l’invio di materiale bellico in Europa. I contatti di Haffenden con Luciano sono confermati dai microfilm pubblicati per un breve periodo sul sito del Freedom information act (Foia) che riporta i resoconti delle indagini della stessa Fbi su Haffenden”. In Sicilia,  “Uno dei più efficaci provvedimenti mafiosi fu quello di minacciare pesantemente i militari siciliani di stanza nella loro regione. Venne “caldamente consigliata” la diserzione e il sabotaggio per evitare conseguenze spiacevoli per loro e le loro famiglie. Ecco perché due delle quattro divisioni mobili italiane di stanza in Sicilia si sfaldarono, in buona parte, all’arrivo degli anglo-americani. Michele Pantaleone scrive in “Mafia e droga” che il 70% dei soldati delle divisione “Assietta” e “Aosta” – quota corrispondente, appunto, a quella dei militari siciliani – il 21 luglio 1943, a sbarco avvenuto, “scomparve senza lasciare traccia pregiudicando, così, l’ intero apparato difensivo siciliano”. Questo si era verificato poiché, come spiega Giuseppe Carlo Marino “il boss mafioso Genco Russo e i suoi sgherri avevano fatto intendere che c’erano parecchi malintenzionati che li avrebbero fatti fuori prima dell’arrivo degli anglo-americani”.

L’eroismo dimenticato della “Livorno“ e della “Napoli”

 “Al momento dello sbarco, il 10 luglio 1943, la divisione motorizzata “Livorno”, per ordine del comandante della 6° armata, il valido generale Alfredo Guizzoni (poi processato dalla Rsi, ma assolto) fu prontamente mandata all’attacco della testa di ponte americana, sulle spiagge di Gela.Era da sola: come riferisce il suo comandante, gen. Domenico Chirieleison, l’ appoggio della divisione corazzata tedesca “Hermann Goering” giunse, infatti, diverse ore dopo. Il comandante americano George Patton sottovalutò, inizialmente, la Livorno (convinto che le sue truppe avrebbero facilmente respinto quei “vigliacchi italiani”, come ebbe a definirli) ma, in capo a poche ore, l’impeto di quei soldati, pure, male armati, quasi privi di armi automatiche, senza copertura d’artiglieria e con pochi, obsoleti carri armati, riuscì a far arretrare gli statunitensi fino all’abitato di Gela e a travolgere le loro linee difensive. Furono momenti molto difficili per gli americani anche perché da Malta gli aerei inglesi non erano potuti decollare, in appoggio, a causa della nebbia”. La resistenza delle truppe italiane fu tale che: “A quanto riferisce il generale Alberto Santoni in una pubblicazione dello Stato Maggiore dell’Esercito, Patton fu colto dal timore e diramò ai suoi persino l’ordine di prepararsi a un possibile reimbarco. Per quanto la circostanza fu poi negata dall’interessato e dal Pentagono, il testo del radiomessaggio, intercettato dal comando italiano di Enna, “dovrebbe trovarsi – scrive Santoni – ancora negli archivi dell’Esercito”.  Se è vero, come riportano varie fonti, che la Livorno stava per costringere gli americani alla ritirata nel settore di Gela, questo avrebbe potuto compromettere l’intera invasione. (Quanto alla terminologia, va osservato che gli stessi anglo-americani si consideravano degli “invasori” come si legge nella Soldier’s Guide of Sicily, distribuita alle loro truppe)”.

L’uragano di fuoco navale

“Le truppe da sbarco di Patton erano in crisi, così le navi anglo-americane ricevettero l’ordine di intervenire per salvare la situazione. Contro gli italo-tedeschi si scatenò, allora, un inferno di fuoco navale prodotto dai cannoni da 340 mm che “aravano” letteralmente sezioni di terreno procedendo di 100 metri alla volta disintegrando qualsiasi forma di vita vi si fosse trovata. Poi si aggiunsero le bombe degli aerei inglesi, che erano finalmente riusciti a partire da Malta. I difensori dovettero ritirarsi. In un caso, un reparto italiano fu costretto ad arrendersi perché gli americani utilizzavano prigionieri di guerra come scudi umani. Nella “Relazione cronologica degli avvenimenti” del XVIII Comando Brigata Costiera la 49a btr.si è arresa perché il nemico veniva avanti facendosi coprire dai nostri soldati presi prigionieri”. Fu una carneficina per i giovani della “Livorno”, come ricorda Pierluigi Villari ne “L’onore dimenticato”: resisteranno ad oltranza per 24 ore tra i ruderi di Castelluccio di Gela. Un soldato così annotava nel suo diario: “Eravamo stretti uno all’altro, immersi nella polvere; era un martellare implacabile di una quarantina di cannoni navali, di pezzi di artiglieria campale, i colpi ci piovevano vicinissimo tutt’attorno mentre schegge, pallottole, sassi fischiavano sulla nostra testa”.

In totale, la “divisione fantasma”, come recita il titolo di un saggio di Camillo Nanni, lasciò sul campo, tra morti, feriti e dispersi, 7.200 uomini dei suoi 11.400 effettivi. Anche nel settore inglese, più ad est, la divisione di fanteria “Napoli” insieme al Kampfgruppe “Schmalz”, combatté strenuamente fino all’annientamento. I pochi elementi superstiti si sacrificarono per permettere agli alleati tedeschi di ritirarsi sul fiume Simeto. Alle due divisioni “Livorno” e “Napoli” che, pure, avevano giurato fedeltà al Re e non al Duce, sono stati negati per decenni, in nome della politica, la memoria e l’onore che spettavano loro per aver difeso, fino all’estremo sacrificio, il proprio Paese”.

Il grande valore dei nostri soldati, pur consci della grande disparità di numero di uomini e mezzi di gran lunga a favore del nemico, pur capendo che la guerra per l’Italia andava ormai male, tennero ben alto l’onore loro e della nostra Patria, come, del resto, dimostrano le tante decorazioni e riconoscimenti per quella eroica e disperata e vera resistenza contro gli invasori: “630, infatti, le medaglie al valore – per gran parte postume – concesse ai militari del solo Regio esercito (escludendo Marina e Aeronautica) che difendevano la Sicilia.

Di essi si ricordano il caporalmaggiore Cesare Pellegrini, che impegnato in furiosi corpo a corpo, fu alla fine pugnalato nel fortino di Porta Marina; il sottotenente carrista Angelo Navari che col suo carro armato riuscì a impegnare una intera compagnia di soldati americani; il colonnello Mario Mona che resistette a oltranza di fronte alla spropositata preponderanza nemica per poi scomparire nella mischia; il sottotenente Luigi Scapuzzi che si sacrificò a Leonforte per permettere ai suoi colleghi e ai suoi uomini di poter ripiegare.

La stragi sconosciute dei prigionieri italiani

“Ai soldati che caddero prigionieri, non sempre capitò una sorte migliore dei loro commilitoni caduti. Sono, purtroppo, diverse le stragi compiute dagli americani ai danni di militari italiani arresi e civili inermi. A questi eccessi contribuì in modo determinante lo spirito particolarmente aggressivo infuso da Patton ai suoi uomini. Riportiamo uno dei suoi discorsi agli ufficiali precedenti lo sbarco: «Se si arrendono quando tu sei a due-trecento metri da loro, non badare alle mani alzate. Mira tra la terza e la quarta costola, poi spara. Si fottano, nessun prigioniero! È finito il momento di giocare, è ora di uccidere! Io voglio una divisione di killer, perché i killer sono immortali! »

Fatti come questi, anche nella II Guerra Mondiale, ne sono avvenuti tanti sui diversi fronti che sono stati purtroppo nascosti o rimossi per decenni, per vari motivi facilmente intuibili, ma che, al contrario di una certa retorica disfattista e luogo comune che vogliono gli Italiani pessimi combattenti od, addirittura svogliati e, peggio, tendenzialmente vigliacchi, è una falsa realtà. Fortunatamente, la Storia, col tempo, ristabilisce la verità su tutto e tutti, anzi, è, finalmente, venuto il momento di accentuare la riscoperta e rilettura di tanti eventi bellici che hanno visto protagonisti in positivo i nostri Soldati e ridare orgoglio ad un Popolo che ha pure dei difetti, ma che, comunque, come ogni famiglia, deve raccontare e risvegliare i tanti pregi della nostra Nazione, nel bene e nel male!

Storia & documenti. SICILIA OCCIDENTE – aprile 2019 – cartaceo

ATTENZIONE! A SEGUITO DI UN ATTACCO AL NOSTRO SITO, l’8 novembre 2017, E’ STATO ALTERATO IL NUMERO DEI “NON MI PIACE” E DEI VOTI della sezione “terribile”, il peggiore giudizio. 

DI CONSEGUENZA, al 2 gennaio 2020, I VOTI, EFFETTIVAMENTE VALIDI, DA CONSIDERARE, SONO I SEGUENTI:

110400, PER LA STRAGRANDE MAGGIORANZA “ECCELLENTE”!

I “MI PIACE”  26025, IL 63 PER CENTO DEL TOTALE  E,dal 30 ottobre 2017, 19459 LETTORI IN ON LINE!

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Sicilia Occidente

Mario Alizzi, giornalista, è nato a Barcellona Pozzo di Gotto in Sicilia il 1° Luglio del 1949 iniziando, a diciannove anni, come corrispondente del quotidiano biregionale la “Gazzetta del Sud” di Messina. Quindi, si trovò ad Atene per diversi periodi tra il 1970 ed il 1974 dove lavorò presso una testata giornalistica, in quei tempi di livello nazionale e molto considerata soprattutto negli ambienti della Destra greca. Ad Atene, oltre all’attività giornalistica, insegnava lingua italiana presso un noto istituto linguistico per studenti greci diretti alle università italiane. Certamente decisiva è stata l’esperienza ellenica per la sua formazione professionale, politico-culturale ed umana, tanto da rimanere molto legato alla Grecia come ad una seconda patria e dove, ancora oggi, si reca per motivi di lavoro, studio e turismo ed appunto, per i legami con diversi amici ed ambienti ellenici. Dopo gli studi liceali, si laureò in Scienze Politiche, scegliendo l’indirizzo Storico-Politico, presso l’Università di Messina e, nel 1979, appena sposatosi, si trasferì a Roma, per lavorare nella redazione di una prestigiosa testata di livello internazionale “CONFIDENTIEL” che si occupava di studi strategici e politici, economici e di conflitti militari, la cui sede editoriale era a Parigi. A causa di una improvvisa crisi finanziaria della sezione italiana, gli fu proposto di trasferirsi in una delle redazioni estere ma preferì ritornare nella sua terra di Sicilia dove fondò, e dirige tuttora, il mensile “SICILIA OCCIDENTE”, il cui primo numero, come “agenzia di stampa”, vide la luce il 6 settembre del 1982. Dal gennaio del 1986, la piccola “agenzia stampa” si trasformava in tabloid e nella grafica, divenendo uno dei primi esempi di editoria da tavolo – verosimilmente, S.O. fu la prima Testata giornalistica ad usare in Italia l’allora “rivoluzionario” computer Macintosh – e una delle più apprezzate testate giornalistiche della stampa periodica italiana. Particolarmente seguita, tra le altre, la pagina estera che, in modo controcorrente, già nel settembre del 1988, descrisse come e perchè della fine della Jugoslavia e, quindi, dell’Urss nel maggio del 1990. Oltre ad essere editore e direttore del mensile “Sicilia Occidente”, Mario Alizzi ha anche creato e diretto per alcuni anni una radio privata, “Antenna Sicilia Occidente” – FOTO. Luglio 1991, il Direttore con il poeta Carmelo Famà negli studi dell’emittente -. Nel 1994, in casa sua, con un gruppo di amici professionisti, fondò il “Comitato CIVITAS di unità ed orientamento dell’Opinione pubblica”, proprio sulla scia delle famose “Opinion Lobby” di anglosassone tradizione, specie per la Sicilia, il primo del genere; questo agile Comitato ha avuto una parte importante nella vita della sua Barcellona e della Provincia di Messina attraverso idee, progetti, sollecitazioni ma anche censure e denunce di vario genere tendenti a far sentire la voce dei Cittadini ed il reale coinvolgimento di questi nel “governo” della Città. Per certe materie ed occasioni, il CIVITAS è, anche, riuscito ad avere notorietà nazionale e perfino internazionale e poi, proprio per la sua graduale espansione ed esperienza si è preposto nuovi traguardi, anche e soprattutto, mediante una azione euro-mediterranea. Per questo, l’ormai “ristretto” e quindi superato Comitato si trasformato, dal 19 Marzo 2004, in “Movimento Culturale e Sociale CIVITAS EUROPA” acquistando maggior evidenza e prestigio. Mario Alizzi, è pure conosciuto per essere stato per anni un attivo redattore e seguito opinionista presso importanti emittenti televisive siciliane mentre la sua firma è apparsa, in diversi frangenti, anche su altre Testate quotidiane e periodiche, specie per la sua competenza in materia di politica estera. Mario Alizzi, in effetti, sin da giovane, è sempre stato un appassionato di Politica Estera, tanto che, nel panorama della stampa locale e regionale, ha contribuito nel far allargare ed approfondire lo spazio verso le vicende estere, prima sempre trascuratissime. Via via negli anni, difatti, anche diversi quotidiani regionali, hanno dato molta più attenzione e spazio alla realtà ed alla politica estera in generale. Si spiega così, come da decenni, per la sua frequentazione di ambienti diplomatici, Mario Alizzi sia stato “consulente” di alcune ambasciate presso lo Stato Italiano e, quindi, sia divenuto un esperto di politica internazionale, in particolare, a suo tempo di “Affari sudafricani” essendo stato, appunto, collaboratore dell’ ambasciata del Sud Africa a Roma ed, ovviamente, di “Affari ellenici” e, quindi, di quelli dell’area balcanica e mediorientale. Molto apprezzato, inoltre, il rilievo dato da Mario Alizzi, negli anni, all’informazione sulle Forze Armate e la NATO. SICILIA OCCIDENTE, infatti è, l’unica Testata italiana, non specialistica, che dedichi un apposito ed interessante spazio al settore militare, tanto da conseguire spesso vari riconoscimenti ed apprezzamenti da parte di Ministeri della Difesa ed ambienti militari italiani ed esteri.

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