Una pagina di Storia della Sicilia da ricordare: «La Rivolta del Sette e mezzo» del 15 Settembre 1866. I Palermitani insorgono contro il Regno d’Italia
Fu la sollevazione popolare avvenuta a Palermo dal 16 al 22 Settembre 1866. chiamata del “sette e mezzo” perché durò sette giorni e mezzo. Una violenta dimostrazione antigovernativa, avvenuta al termine della terza guerra di indipendenza, organizzata da ex garibaldini che si erano uniti ai Mille dopo lo sbarco, delusi, reduci dell’esercito meridionale, partigiani borbonici e repubblicani, che insieme formarono una giunta comunale.
La caratteristica peculiare della rivolta del 1866 fu in ogni caso la contemporanea partecipazione della destra estrema e della sinistra. Indicativo è il fatto che la giunta rivoluzionaria aveva un presidente borbonico, il principe di Linguaglossa ed un se-gretario mazziniano, Francesco Bonafede.
Tra le cause: la crescente miseria della popolazione, il colera con le sue 53.000 vittime, l’integralismo dei funzionari statali, che consideravano “quasi barbari i palermitani”. L’Isola era ormai ridotta in uno stato di polizia e le speranze di chi voleva vedervi una realtà progressista erano state ampiamente disattese.
La Sicilia insorse contro l’Italia dei Savoia! Quasi 4.000 rivoltosi assalirono prefettura e questura, uccidendo l’ispettore generale di polizia. La città restò nelle mani degli insorti e la rivolta si estese nei giorni seguenti anche nei paesi limitrofi, come Monreale e Misilmeri; fu stimato che in totale gli insorti armati fossero circa 35.000 in provincia di Palermo. La rivolta del “Sette e mezzo” ebbe molti punti in comune con la battaglia di Savenay, a partire dal fatto scatenante che fu l’obbligo di leva per i giovani siciliani con la Legge Pica..
Il governo italiano dei Savoia decise di proclamare lo stato di assedio e di adottare contro il popolo palermitano una dura repressione, con rappresaglie, persecuzioni, torture e violenze. Oltre diecimila i ragazzi rimasti senza tomba e senza nome, bruciati vivi mentre dormivano nei pagliai. Fu imposto di sparare a vista su qualsiasi passante, tanto che fino a febbraio del 1867 furono migliaia le fucilazioni e la popolazione fu costretta ad assistere al passaggio di colonne di detenuti in catene, spinti a calci e bastonate verso i luoghi di detenzione. Le navi della regia Marina e quelle inglesi bombardarono Palermo, molti dei rivoltosi furono arsi vivi e i Piemontesi andarono casa per casa ad uccidere i palermitani e distrussero la città che fu poi riconquistata da circa 40 mila soldati! La rivolta di Palermo, come da alcune interpretazioni storiografiche, è ricordata non come una legittima seppur violenta ri-voluzione popolare”, ma come episodio di “malandrinaggio collettivo”, distorcendo la storia ed offendendo i martiri siciliani i quali, da rivoluzionari che chiedevano solo l’applicazione di forme di «autonomia siciliana», diventarono banditi e mafiosi.
Qialche anno fa, l’alloragruppo «Autonomisti di Base», presentò una proposta mediante il proprio rappresentante presso la provincia Regionale di Messina, Tonino Calabrò, da estendere a tutte le altre province siciliane, affinchè fosse istituita una giornata della memoria e inserisca, a pieno diritt,o i Siciliani «quali martiri di quegli eventi che portarono all’Unità d’Italia».
A tal proposito, aggiungiamo Noi, che S.O. ha sempre cercato di far riscoprire la “vera” Storia della Sicilia ed in particolare quella “verso l’Unità d’Italia”, ma non nel senso deleterio di rinnovare odi, sospetti e scontri a vari livelli, nostalgici ed irrealistici, bensì nell’ambito di una “Grande famiglia nazionale” che voglia finalmente ri-dare verità e dignità a tutte le Genti d’Italia..
In questo senso, la posizione nostra è quella della bandiera italiana con al centro la Trinacria. In questa sintesi di colori e simboli, deve essere la Patria italiana, ma è altresì oramai logico e giusto riflettere sul passato per ridare verità e onore ai Siciliani ed alla Sicilia, di cui il grande federalista milanese Carlo Cattaneo ebbe a dire: “L’Italia non può diventare solo e semplicemente una annessione al Piemonte, né tanto meno un stato centralizzato; le diversità storiche, e tradizioni culturali, religiose, costumi, mentalità degli stati preunitari sono troppo marcate ed, inoltre, vi è una terra che per posizione geografia, millenaria storia, cultura, tradizioni, ha le caratteristiche di una vera e propria Nazione: la Sicilia!”.
Sopra. La bandiera dello Stato Siciliano del 1848-1849.
STORIA & DOCUMENTI – S.O. Gennaio 2017 – cartaceo