Medicina & Salute: COVID-19 – SARS-COV-2
Dopo un apparente ed ingannevole stato di quiete, periodo estivo, il virus è riesploso con tutta la sua potenza e contagiosità.
Come entra nel nostro organismo?
Il contagio è interumano, tramite le goccioline (droplet) emanate dalla bocca del contagiato mentre parla, tossisce o starnuta, o tramite il contatto con le mani di superfici infette.
Da qui, la prima arma di difesa è costituita dalle mascherine, la distanza tra soggetti di almeno un metro, nonché la massima cura del lavaggio delle mani. Sembrano banalità, ma hanno una valenza strategica essenziale per evitare il più possibile il contagio.Il virus, con genoma a RNA, una volta entrato nelle mucose orali e bronchiali, facilmente supera le prime difese di immunità innata (barriere fisiche, cellule macrofagiche e dendritiche, cascata del complemento ecc), e tramite una proteina di superficie chiamata spike, si lega ad un enzima (Ace 2), normalmente presente sulla membrana delle cellule del tratto respiratorio superiore ed inferiore.
In seguito a ciò, il genoma ad RNA penetrando nel contesto citoplasmatico e legandosi ai ribosomi, inizia a produrre copie di se stesso insieme alle proteine di superficie. La cellula infetta, sotto l’attacco virale, cede, liberando i virioni prodotti che vanno ad infettare altre cellule. L’incubazione del virus è di circa 5-6 giorni.
Sintomatologia: i capisaldi sono la febbre, la tosse secca, spossatezza, raffreddore, spesso si associa perdita di gusto e dell’olfatto, ma non sempre è presente, disturbi intestinali. Spesso è asintomatico (circa il 53%-57%) delle persone infette che pur rappresentando una salvaguardia clinica, per il malcapitato è ingannevole per la capacità del virus di diffondersi e contagiare.
Il 4% dei soggetti subisce sofferenza d’organo acuta (polmonite interstiziale bilaterale) per tempesta di citochine liberate dai sistemi di difesa (granulociti, linfociti, macrofagi) e soccombe per insufficienza respiratoria acuta (ARDS). La parte restante, viene divisa in percentuale dai paucisintomatici e sintomatici senza insufficienza respiratoria. Perché questa diversità sintomatica da soggetto a soggetto? Entrano in giuoco vari fattori costituiti dalla performance del sistema immunitario innato ed adattativo (produzione di anticorpi), l’età, la comorbilità (presenza di altre patologie), l’emogruppo (il gruppo 0 meno recettivo), la virulenza, la carica infettante ed altri ancora quali varianti genetiche o mutazionali sul sistema HLA.
Cosa fare in caso di contagio?
Oltre all’isolamento obbligatorio per legge, della durata di dieci giorni, la malattia è da curare nel proprio domicilio, se asintomatica o paucisintomatica, in stretto collegamento telefonico con i sanitari preposti. Fare uso di solo paracetamolo (tachipirina) e se febbre perdurante, eventualmente associare cortisone (Deltacortene). Non utili antibiotici.
Nel caso la sintomatologia diventa più intensa, specie con dispnea, chiamare il 118, avvisando delle proprie condizioni, per un eventuale ricovero in Divisione COVID. Nei pazienti gravi, ricoverati, oltre all’O2 terapia, ed eventuale intubazione per insufficienza respiratoria critica, sono in uso alcuni farmaci, quali Tolicizumab (inibitore dell’interleuchina 6), idrossiclorochina, antivirali (Remdesivir), plasma di soggetti già infetti, ed altri ancora.
Perché si attiva la trombogenesi? C’è un legame forte tra infiammazione, attivazione dell’endotelio vascolare (endotelite) e trombosi. L’interleuchina 1 attiva un processo trombo genetico con conseguente innesto dell’attività emocoagulativa.
Strategie diagnostiche: I tamponi orofaringei e nasali sono i più sensibili nel diagnosticare l’infezione con alta sensibilità. Disponiamo quelli a risultato tardivo in quanto evidenziano la presenza del genoma, e quelli rapidi antigenici che si sensibilizzano su parti strutturali del virus (capside), antigeni di superficie. Così anche i test salivari sono rapidi ed a tempo in virtù delle parti del virus che si vuole esaminare. I test sierologici sono utili solo per definire una infezione pregressa (IGG), o per studiare in seguito l’efficacia di un vaccino, o la loro permanenza temporale in un soggetto già contagiato. Non utili pertanto nell’immediatezza, proprio per il ritardo di comparsa delle immunoglobuline IGM ed IGG. Vaccini anticovid: Pro e Contro. Sono indubbiamente da eseguire. Essi, andando a stimolare il sistema immunocompetente, offrendo gli antigeni vaccinali denaturati, inducono una risposta immunitaria specifica, creando per il virus in entrata, un totale blocco della sua capacità patogena, annullandolo nella sua capacità di replicarsi.
Una vera e propria trappola pertanto, già preparata dal sistema immunitario (anticorpo specifico contro antigene specifico, stimolato preventivamente dalla dose del vaccino). Resta da vedere, la loro reale efficacia o durata d’azione, nonché la possibilità di creare intolleranza ed effetti collaterali. La mia ferma convinzione è senz’altro positiva ed ottimistica per salvaguardare la nostra incolumità e distruggere la pandemia.
Dott. Pino Giovanni Santo
Barcellona P.G.
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