L’azione della mafia nello sbarco in Sicilia degli anglo-americani del Luglio 1943
Fortunatamente, ormai da anni, sono emerse e stanno sempre più emergendo tante verità su tanti e diversi fatti e personaggi inerenti alla prima ed alla II Guerra Mondiale. Oggi ricordiamo una pagina eroica della difesa della Sicilia contro l’invasione angloamericane ed in particolare Lo sbarco di Gela e la battaglia che ne è derivata.
Infatti, contrariamente alla propaganda di guerra, che è ovvia in ogni conflitto da tutte le parti protagoniste, man mano che passa il tempo, si vanno attenuando gli odi ed avviene il graduale cambio delle generazioni, vengono aperti archivi, arrivano muove testimonianze e documenti da diverse fonti, studi e Paesi, specie di quelli una volta contrapposti, anche le “verità” ufficiali si vanno via via attenuando, prima timidamente, eppoi sempre più chiaramente, perché la Storia, come sempre, prima o poi, riprende il suo corso presentando il conto a tutti per tutto…!
In questo senso, si deve intendere un evento che merita essere ricordato anche alle nuove generazioni: la “Battaglia di Gela!”.
Fortunatamente e finalmente, si parla di questo fatto storico, che, volutamente, troppi da più parti per ovvi motivi, hanno cercato di far dimenticare, così come per altre verità nascoste da decenni.
In questa occasione però, ripubblichiamo la parte dedicata alla importante funzione della mafia avuta nell’avanzata anglo-americana in Sicilia e tra gli altri, abbiamo scelto di riprendere, seppur in sintesi, quanto ha scritto, in modo molto chiaro, il 27 febbraio 2017, su “La Stampa” dal giornalista Andrea Cionci.
Prima però, bisogna ricordare che uno studio militare americano, tenendo conto della consistenza delle forze Italo-tedesche, quindi, dell’apparato difensivo costiero ed interno al territorio siciliano, aveva preventivato la possibilità di perdere tra morti, feriti e prigionieri finanche 30 mila uomini e, per questo, i vertici statunitensi hanno pensato all’impiego collaborazionista della mafia, gran parte della quale, a seguito della lotta ad essa operata dal regime fascista, si era rifugiata negli USA.
Per meglio capire quegli eventi, è importante, innanzitutto, ricordare, ciò che ormai è noto: che la mancanza di una generale resistenza all’attacco nemico di allora, si spiega, principalmente, dalla precisa azione della concreta e preziosa collaborazione della mafia con i Servizi Segreti americani. Intanto, “La collaborazione con la mafia partì in grande stile: con la valanga di informazioni fornite ai servizi segreti Usa da Lucky Luciano, che consentì agli americani non solo di smantellare la rete spionistica italiana nel porto di New York, ma anche di garantirvi una forzosa pace sindacale per non turbare l’invio di materiale bellico in Europa. I contatti di Haffenden con Luciano sono confermati dai microfilm pubblicati per un breve periodo sul sito del Freedom information act (Foia) che riporta i resoconti delle indagini del-la stessa Fbi su Haffenden”.
In Sicilia, “Uno dei più efficaci provvedimenti mafiosi fu quello di minacciare pesantemente i militari siciliani di stanza nella loro regione. Venne “caldamente consigliata” la diserzione e il sabotaggio per evitare conseguenze spiacevoli per loro e le loro famiglie. Ecco perché due delle quattro divisioni mobili italiane di stanza in Sicilia si sfaldarono, in buona parte, all’arrivo degli anglo-americani.
Michele Pantaleone scrive in “Mafia e droga” che il 70% dei soldati delle divisione “Assietta” e “Aosta” – quota corrispondente, appunto, a quella dei militari siciliani – il 21 luglio 1943, a sbarco avvenuto, “scomparve senza lasciare traccia pregiudicando, così, l’intero apparato difensivo siciliano”. Questo si era verificato poiché, come spiega Giuseppe Carlo Marino, “il boss mafioso Genco Russo e i suoi sgherri avevano fatto intendere che c’erano parecchi malintenzionati che li avrebbero fatti fuori prima dell’arrivo degli anglo-americani”.
Tutto ciò ed altro è ormai noto è smentiscono il vergognoso luogo comune, per decenni ripetuto, che i soldati italiani, ed in particolare siciliani, siano fuggiti senza combattere davanti al nemico, seppur questo di gran lunga superiori per numero di soldati, armi e mezzi.
VI E’ UN LUOGO COMUNE, AD ARTE RIBADITO, DA CERTI AMBIENTI, INTERNI ED ESTERI, PER VARI MOTIVI INTERESSATI, SECONDO IL QUALE, GLI ITALIANI NON SAREBBERO DEI BUONI COMBATTENTI: EBBENE, QUESTO, E’ UNO DEI TANTI «FALSI STORICI», SU CUI RITORNEMO…!
Storia & Documenti. SICILIA OCCIDENTE – ottobre 2021 – cartaceo
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