5 Maggio 2024
STORIA & DOCUMENTI

“Che Guevara”, un altro “mito” da sfatare, anzi da far conoscere nella realtà. Le testimonianze dei suoi «compagni di lotta»

Come annunciato da tempo, ci occupiamo del “mitico” Ghe Guevara.

 S.O., si è interessato altre volte di “Che Guevara”, il guerrigliero argentino, ancora considerato un “eroe della rivoluzione castrista” specie da molti giovani della “generazione sessantottina”   e, addirittura, ammirato in certi ambienti della Destra non solo italiana!

Ma, chi era in verità, il “mitico El Che”?

Ce lo descrive un libro, ovviamente, non molto pubblicizzato in Italia, del cubano Pedro Corzo: “Che Guevara, missionario di violenza” (Spirali, Milano 2009).

L’autore è un ex prigioniero politico, scrittore e giornalista e direttore a Miami, in Florida (USA) l’ “Istituto de la Memoria Historica controa el To-talitarismo”.

Il Libro contiene 33 testimonianze dirette di cubani che hanno conosciuto di persona Guevara e sopravvissuti alle sue fucilazioni, partendo dal suo ’istruttore militare in Messico,  Miguel Sanchez, detto “El Coreano”: “All’ inizio la gente lo chiamava “El Chancho”, il Porco, perché non gli piaceva lavarsi. Non mi va di parlare di cose personali, ma quell’uomo aveva sempre addosso un odore di rognone fritto che spaccava il naso a chiunque”.

Jaime Costa, assaltatore del Cuartel Moncada, membro della spedizione del Gramma e comandante dell’ “Ejèrcito Re-belde”, riferisce che spesso Guevara si scontrava in discussioni per il suo disprezzo per i cubani che riteneva di “razza meticcia” e ne scherniva il loro accento caraibico. A tali polemiche, gli altri Compagni cubani gli rispondevano: “Ma se tu nemmeno ti lavi!”. Queste discussioni erano roba di ogni giorno. Era il suo carattere prepotente e sprezzante a suscitare l’antipatia della gente”.

Un suo compagno di lotta, Armando Fleites, fondatore e capo  del “Se-gundo Frente Nacional del Escambray”, ovvero della guerriglia nel centro dell’Isola di Cuba e pure comandante capo  dell’ “Ejèrcito Rebelde”, afferma: “Credo che Guevara fosse caratterizzato  da un atteggiamento prepotente, arrogante e sprezzante. Odiava tanto, anzi secondo me, sapeva solo odiare. Provava molto disprezzo nei confronti del popolo cubano. Era un uomo di odio, di risentimento, di vendetta e anche di basse passioni”. Anche Làzaro  Asencio, anch’egli capo del Segundo Frente”, conferma che: “Le peggiori caratteristiche del Che sono presenti in tutti e in ciascuno dei suoi gesti. Anche nella vita privata, le caratteristiche del Che erano quelle di un uomo senza valori morali, anzi era un amorale, totalmente amorale (…) Guevara era un guerrafondaio, ingiusto, crudele, non conosceva pietà. La sua vita a Cuba è costellata di tradimenti (…) La vera immagine di Ernesto Guevara è assolutamente il contrario di quella mostrata dalla propaganda. Tutto quello che dicono i sostenitori di Guevara è un’assoluta menzogna”.

Orlando de Cardenas, giornalista ed amico di Fidel Castro e collaboratore del Movimento 26 Julio, è sulla stessa linea: “Il suo modo di fare con gli altri era molto brusco, molto rude. Era un tipo assolutamente asciutto, freddo, senza sentimenti. Era dispotico e insolente fino alla villania”. Un altro commilito-ne di Guevara, Làzaro Guerra, non si discosta molto dagli altri: “Era una perfetta canaglia, un criminale, un codardo”. Negli incontri nei Centri Sociali in cui Fidel Castro si presentava con Guevara il commento della gente era: “Ma guarda che carogna si è portato Fidel!”. Anche un altro compagno di guerriglia sulla Sierra Maestra, Augustin Alles Soberon aggiunge: “Era un tipo freddo e arroogante, uno psicopatico”, (…) Una volta scrisse “Odio la civiltà!”.

Sul Che e l’America Latina, la verità è molto diversa dalla visione ufficiale dell’ “eroe.

Nel suo peregrinare “turistico” in Sud America negli anni ’50, non si curò mai dei problemi sociali e politici di quel continente tant’è che non vi è traccia sui suoi numerosi “Diari”… In una lettera a suo padre scrisse che voleva solo “fare il milionario”; nel 1954 si trovò in Guatemala durante la rivoluzione di Castillo Armas e nel guardare dalla finestra i combattimenti, in una lettere scritta alla zia, descrisse la sua reazione: “Me la faccio sotto dalle risate nel vedere la gente che scappa sotto le bombette lanciate da questi aerei”.

Dell’assalto al Cuartel Moncada a Santiago di Cuba del 26 Luglio 1953,, inizio decantato della Revoluciòn, Guevara non fa alcun riferimento nei suoi famosi “Diari”.

Il suo principale biografo, il cubano Enrico Ros scrive: “Guevara in gioventù non ha mai avuto nessuna preoccupazione di carattere sociale. Era un tipo indifferente, un bohèmien che non si interessava ai problemi del suo paese né dell’America Latina. (…) Era solo un turista spensierato”.

La sua prima moglie, peruviana e comunista, Hilda Gadea, fu la sua indottrinatrice e che gli presentò in Messico il rivoluzionario cubano Antonio Lopez, detto “Nico” e, fu sempre lei, a farlo entrare nel gruppo di Fidel Castro. Ancora Miguel Sàncez, il suo istruttore militare, rivela uno sconosciuto ma significativo aspetto della personalità contorta di Guevara: “Era un avventuriero che il destino aveva portato in Messico. A leggere la sua biografia ci si rende conto che partecipò alla spedizione del Grama – lo Yacht che portò i guerriglieri a Cuba – per puro miracolo (…) Sono convinto che nemmeno lui sapesse perché si fosse messo in quel pasticcio”.

In effetti, invece, un motivo c’era e lo rivelò alla moglie Hilda: Sono assetato di sangue!”. Questa sua caratteristica personale, è confermata dal suo rapporto verso gli animali ed è sempre Miguel Sàncez a descrivercelo: “Mentre era in Messico, egli usava acchiappare i gatti randagi con grandi reti e, dopo averli martoriati con lo scalpello, li sbatteva a terra fino ad ucciderli! Era una cosa orrenda, una crudeltà che non ho mai visto. Vedendo ciò, non ebbi più dubbi sulla sua crudeltà e sul suo sadismo. Era una persona priva di compassione. Prima sfogò i suoi istinti criminali sui poveri animali, poi  sappiamo tutti le storie delle cose che fece a Cuba.(…).  Aveva istinti psicopatici”. Più testimoni ricordano che, da poco a Cuba, mentre il Consiglio discuteva se giustizi-are o meno un contadino, di nome Eutimio Guerra, accusato di tradimento, Guevara estrasse la pistola e gli sparò un colpo in testa, ed anzi, scrisse sul suo “Diario” che: “Da quel momento, io non ero più il medico della spedizione, ora ero diventato un rivoluzionario”!

Di nuovo il biografo di Guevara Enrique Ros srive: “Il Che è diventato rivoluzionario perché ha commesso un omicidio a sangue freddo. Non per le sue idee o per le sue imprese, ma solo perché ha ammazzato un altro essere umano”. E da questo suo prima crimine, tantissimi altri assassini ne seguirono sempre a sangue freddo, come conferma il suo compagno di guerriglia e comandante Jaime Costa di cui sopra: “Lui ammazzava la gente senza scomporsi, come se fosse una cosa senza molta importanza”, e un altro testimone dell’ assassinio di Eutimio Guerra, il comandante Roberto Bismark chiaramente conferma: “Il Che non è mai stato altro che un assassino, un ipocrita e uno sfaticato”.

Il “Massacro di Santa Clra”, un esempio indelebile di crudeltà nella storia di Cuba. Anticipando la II Colonna, guidata dal comandante Camillo Cienfuegos, Che Guevara entra nella città di Santa Clara, nel centro dell’Isola e, senza aspettare gli ordini del suo comandante, inziò a fare una un massacro di militari e civili in modo indiscriminato,

di cui parla il comandante Jaime Costa: “Senza procedere a nessun interrogatorio Che cominciò ad ammazzare tutti. Le prime non erano fucilazione ma vere e proprie esecuzioni alla cinese, con un colpo alla nuca”.  Lo stesso Comandante di Guevara, arrivato nella città, Cienfuegos, a quella spaventosa vista esclamò: “Questo è un bagno di sangue! Ci sono un mucchio di morti! Dove sono le carte dei processi?”. E’ chiaro, che non ce ne fossero!

Dopo la vittoria della “Revoluciòn” Ghe Guervara venne nominato Procuratore  del Tribunale rivoluzionario, ovvero la “Comissiòn Depuradora” con sede nella prigione di La Cabana. In questo ruolo, Guevara si distinse per i suoi crimini non solo verso gli oppositori del regime o ritenuti tali, ma anche verso chiunque nel partito od in altre sedi e luoghi ritenesse suo potenziale concorrente od ostacolo nella sua azione “dittatoriale”, secondo il suo motto: “Nel dubbio ammazzalo!”. Il già citato suo commitolone, Làzaro Guerra ricorda che Guevara: ”Era un uomo sempre disposto ad ammazzare. Non faceva domande nei processi , sempli-cemente era disposto a togliere la vita a chiunque”.

Il Pubblico Ministero della “Comisiòn Depuradora” Josè Vilasuso testimonia che: “Le fucilazioni erano tanto frequenti, che la pulizia non poteva essere mai sufficiente. Restavano sempre pozze di sangue”.L’avvocato Napoleon Vilaboa, membro della “Comisiòn Depuradora”, altro testimone di tanti fatti che avvenivano in quella famigerata prigione, conferma che: “Le sentenze erano dettate prima che il processo iniziasse. Prima del processo si sapeva già quali condanne sarebbero state pronunciate. Guevara segnalava personalmente con una matita o una penna le persone che sa-rebbe state fucilate”. I testimoni parlano di ben 800 fucilazioni, tra il 1959 ed 1960, in cui Guevara fu Procuratore del Tribunale rivoluzionario! Uno dei più ricordati assassini di Guevara fu quello ai danni di Jesùs Carreras, comandante del “Segundo Frente Nacional de Escambray, la guerriglia nel centro dell’Isola, strategicamente, perfino, più importante di quella conmdanta da Fidel Castro sulla Sierra Maestra, fatto che il Lider Maximo non poteva, asolutamente, tollerare e per questo inviò Guevara  in quella zona ma Carreras, militare di molto superiore, riuscì ad impedire e, di conseguenza, Guevara maturò la sua vendetta. Dopo la vittoria della “Revoluciòn”, Che Guevara fece arrestare Carreras ed il suo aiutante, il comandante americano William Morgan e, dopo il solito processo-farsa, vennero entrambi fucilati!

Altro mito da sfatare è quello della capacità di guerrigliero di Guevara ed il suo operato comprova la sua incompetenza.

Sempre Miguel Sàncez ricorda: “El Chanco non aveva la minima capacità organizzativa. (…). Tutti i progetti cui partecipò finirono in un fallimento. Ha fallito come marito, padre di famiglia, come guerrigliero e anche come rivoluzionario. (…). Era un incompetente in tutto quello che intraprendeva. (…) Era un ignorante in questioni militari”.  Del resto, una volta lo ammise egli stesso al comandante Huber Matos: “Io di guerra non so niente, io mi sono battuto, ma ho anche dovuto correre parecchio e darmela a gambe”!

Gli esempi, in questo senso, non mancano. La sua azione militare nella Repubblica Dominicana, nel 1959, fu un completo disastro poiché tutti i suoi uomini vennero uccisi dall’esercito di Rafael Leònidas Trujillo ed egli stesso dovette nettersi in salvo a gambe levate, appunto! La spedizione in Congo, da lui fortemente voluta, nel 1965, fini, anche questa, in una autentica catastrofe, tanto che Enrique Ros scrive di questa sua impresa congolese che fu: “Una specie di manuale di tutto ciò che non si deve fare”.

In Bolivia, nel 1969, Guevara, fallì, ancora una volta, per analisi di fatti e situazioni tant’è che l’appoggio che lui dava per scontato da parte dei contadini non ci fu, anzi, trovò la morte, grazie alla collaborazione di gente locale. Ancora, il suo biografo Enrique Ros sintetizza: “Nelle sue guerre, Che commise tutti gli errori che un guerrigliero può commettere”.

Ed i famosi “Diari” del “leggendario CHE”? Sono stati, anche essi, falsati e “rielaborati” ad hoc!

Nelle menzogne generali esaltanti Guervara, anche questi apologetici “Diari” sono stato “fabbricati». I manoscritti del “Diario in Bolivia” , infatti, furono portati a La Havana e “ripresi” da Fidel Castro, come lo stesso comandante Huber Matos sottolinea: “Quando venne pubblicato, Fidel ci mise quello che gli interessava e tolse quello che avrebbe potuto nuocergli. Il Diario del Che è una storia adulterata”. Sono, del resto, molti i testimoni che portano, obiettivamente, a suscitare numerosi dubbi ed illogicità sulla vita di Guervara.

A metà degli anni sessanta, intanto, Ernesto Ghe Guevara era diventata una figura ingombrante e Fidel Castro se ne voleva sbarazzare e, quindi, lo inviò in Bolivia ma senza un minimo appoggio e, cioè, verso morte sicura, come poi in effetti avvenne, cosa che viene confermata dallo stesso comandante Huber Matos: “Fu una bidonata per togliersi il Che di torno. Non ho il minimo dubbio!” .

 Una volta morto, di Che se ne fece una grande arma di propaganda, un “mito”, a vantaggio della  “Rivoluzione castrista” e del comunismo internazionale in generale!!

Lo stesso grande collaboratore ed intimo di Fidel Castro, Orlando de Càrdenas si lamenta: “Si è svolta una campagna per trasformarlo in una specie di mito. La sua morte prematura, le condizioni in cui morì, hanno favorito l’immagine che si vuole dare di lui. Ma noi che lo abbiamo conosciuto, ben sappiamo che lo hanno totalmente trasformato”. Augustin Ales Soberon, che lo conobbe intimamente sulla Sierra Maestra conclude: “Si è data un’altra immagine del Che, un’immagine lontanissima dalla realtà di quello che fu quest’uomo”!.

Infine, una curiosità, poco sconosciuta. All’inizio, Guevara era soprannominato – come già sopraddetto – dai suoi compagni, proprio “El Chancho”, che significa “Il Porco”.

Il nomignolo “CHE” – che è usato nel gergo basso-popolare argentino per rivolgersi ad un’altra persona – era un chiaro modo dispregiativo con cui i cubani, stanchi delle sue ironie razziste di Guevara, gli rispondevano per le rime.

Dopo la sua morte ed a seguito della sua “santificazione rivoluzionaria” e la forzata costruzione del suo “mito”, l’appellativo di “Che”, venne “riciclato”, in un senso molto positivo ed agiografica.

Da SICILIA OCCIDENTE luglio 2016  – cartaceo
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Sicilia Occidente

Mario Alizzi, giornalista, è nato a Barcellona Pozzo di Gotto in Sicilia il 1° Luglio del 1949 iniziando, a diciannove anni, come corrispondente del quotidiano biregionale la “Gazzetta del Sud” di Messina. Quindi, si trovò ad Atene per diversi periodi tra il 1970 ed il 1974 dove lavorò presso una testata giornalistica, in quei tempi di livello nazionale e molto considerata soprattutto negli ambienti della Destra greca. Ad Atene, oltre all’attività giornalistica, insegnava lingua italiana presso un noto istituto linguistico per studenti greci diretti alle università italiane. Certamente decisiva è stata l’esperienza ellenica per la sua formazione professionale, politico-culturale ed umana, tanto da rimanere molto legato alla Grecia come ad una seconda patria e dove, ancora oggi, si reca per motivi di lavoro, studio e turismo ed appunto, per i legami con diversi amici ed ambienti ellenici. Dopo gli studi liceali, si laureò in Scienze Politiche, scegliendo l’indirizzo Storico-Politico, presso l’Università di Messina e, nel 1979, appena sposatosi, si trasferì a Roma, per lavorare nella redazione di una prestigiosa testata di livello internazionale “CONFIDENTIEL” che si occupava di studi strategici e politici, economici e di conflitti militari, la cui sede editoriale era a Parigi. A causa di una improvvisa crisi finanziaria della sezione italiana, gli fu proposto di trasferirsi in una delle redazioni estere ma preferì ritornare nella sua terra di Sicilia dove fondò, e dirige tuttora, il mensile “SICILIA OCCIDENTE”, il cui primo numero, come “agenzia di stampa”, vide la luce il 6 settembre del 1982. Dal gennaio del 1986, la piccola “agenzia stampa” si trasformava in tabloid e nella grafica, divenendo uno dei primi esempi di editoria da tavolo – verosimilmente, S.O. fu la prima Testata giornalistica ad usare in Italia l’allora “rivoluzionario” computer Macintosh – e una delle più apprezzate testate giornalistiche della stampa periodica italiana. Particolarmente seguita, tra le altre, la pagina estera che, in modo controcorrente, già nel settembre del 1988, descrisse come e perchè della fine della Jugoslavia e, quindi, dell’Urss nel maggio del 1990. Oltre ad essere editore e direttore del mensile “Sicilia Occidente”, Mario Alizzi ha anche creato e diretto per alcuni anni una radio privata, “Antenna Sicilia Occidente” – FOTO. Luglio 1991, il Direttore con il poeta Carmelo Famà negli studi dell’emittente -. Nel 1994, in casa sua, con un gruppo di amici professionisti, fondò il “Comitato CIVITAS di unità ed orientamento dell’Opinione pubblica”, proprio sulla scia delle famose “Opinion Lobby” di anglosassone tradizione, specie per la Sicilia, il primo del genere; questo agile Comitato ha avuto una parte importante nella vita della sua Barcellona e della Provincia di Messina attraverso idee, progetti, sollecitazioni ma anche censure e denunce di vario genere tendenti a far sentire la voce dei Cittadini ed il reale coinvolgimento di questi nel “governo” della Città. Per certe materie ed occasioni, il CIVITAS è, anche, riuscito ad avere notorietà nazionale e perfino internazionale e poi, proprio per la sua graduale espansione ed esperienza si è preposto nuovi traguardi, anche e soprattutto, mediante una azione euro-mediterranea. Per questo, l’ormai “ristretto” e quindi superato Comitato si trasformato, dal 19 Marzo 2004, in “Movimento Culturale e Sociale CIVITAS EUROPA” acquistando maggior evidenza e prestigio. Mario Alizzi, è pure conosciuto per essere stato per anni un attivo redattore e seguito opinionista presso importanti emittenti televisive siciliane mentre la sua firma è apparsa, in diversi frangenti, anche su altre Testate quotidiane e periodiche, specie per la sua competenza in materia di politica estera. Mario Alizzi, in effetti, sin da giovane, è sempre stato un appassionato di Politica Estera, tanto che, nel panorama della stampa locale e regionale, ha contribuito nel far allargare ed approfondire lo spazio verso le vicende estere, prima sempre trascuratissime. Via via negli anni, difatti, anche diversi quotidiani regionali, hanno dato molta più attenzione e spazio alla realtà ed alla politica estera in generale. Si spiega così, come da decenni, per la sua frequentazione di ambienti diplomatici, Mario Alizzi sia stato “consulente” di alcune ambasciate presso lo Stato Italiano e, quindi, sia divenuto un esperto di politica internazionale, in particolare, a suo tempo di “Affari sudafricani” essendo stato, appunto, collaboratore dell’ ambasciata del Sud Africa a Roma ed, ovviamente, di “Affari ellenici” e, quindi, di quelli dell’area balcanica e mediorientale. Molto apprezzato, inoltre, il rilievo dato da Mario Alizzi, negli anni, all’informazione sulle Forze Armate e la NATO. SICILIA OCCIDENTE, infatti è, l’unica Testata italiana, non specialistica, che dedichi un apposito ed interessante spazio al settore militare, tanto da conseguire spesso vari riconoscimenti ed apprezzamenti da parte di Ministeri della Difesa ed ambienti militari italiani ed esteri.

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