Perché si festeggia Ferragosto?
Il Regime fascista, nell’indirizzo del sempre più “coinvolgimento del Popolo alla vita della Patria”, nel quadro della politica sociale, che fece dell’Italia la prima ad avere, finalmente, un “Organico ed esteso sistema sociale”, soprattutto per quei tempi “rivoluzionario”, anche se in qualche altro Paese europeo e nella stessa Italia, vi erano stati degli esperimenti o parziali provvedimenti sociali.
Per sintetizzare, furono create le colonie marine e di montagna per i bambini e ragazzi e tanti istituti ed iniziative sociali di diverso tipo e genere, aperti numerosi centri balneari alcuni dei quali poi diventati molto noti e frequentati, basti pensare, solo per fare un esempio, Riccione, -foto seguente – dove lo stesso Duce iniziò a farsi il bagno e tanto altro ancora, ovviamente.
Dopodiche, la Festa del 15 Agosto, si diffuse anche all’estero, soprattutto, nell’Europa meridionale, entrando così nella vita normale di tanti popoli.
Le origini del Ferragosto risalgono a qualche millennio antecedente la marcia su Roma. Ma se il 15 agosto facciamo gite fuori porta, mangiamo al sacco e, soprattutto, nessuno lavora, lo dobbiamo al regime fascista, che ha istituzionalizzato la festa estiva per eccellenza così come la conosciamo oggi.
Il Ferragosto, come termine, è di origine latina e deriva da feriae Augusti (riposo di Augusto) termine che indicava una festività istituita, per l’appunto, dall’imperatore Augusto nel 18 a.C. per celebrare i raccolti e la fine dei principali lavori agricoli. L’idea sottostante era quella di istituire una festa che collegasse le altre feste agostane come i Vinalia rustica o i Consualia. L’anello mancante, insomma, per consentire un lungo periodo di riposo dopo le fatiche del raccolto. Tutte assieme, queste ferie venivano chiamate, appunto, augustali
Durante quel periodo si svolgevano numerose sagre paesane e corse di cavalli. Una di queste, il Palio di Siena, ha luogo ancora oggi, tradizionalmente il 16 agosto. Se si chiama Palio dell’Assunta, tuttavia, è perché nel frattempo Ferragosto è diventata una festività cattolica, quella dell’ascensione della Madonna al Cielo. Non a caso, fu proprio lo Stato Pontificio a istituzionalizzare nel calendario tale festività, dopo la caduta dell’Impero.
Il Ferragosto, però, non era veramente il Ferragosto che festeggiamo oggi, prima del Fascismo. Il piatto tradizionale del Ferragosto, prima del 1925, era il piccione arrosto. Mussolini, appena arrivato al potere, iniziò a dare corpo alle sue idee e programmi già maturate da tempo come quelle di organizzare, attraverso le associazioni dopolavoristiche delle varie corporazioni, centinaia di gite popolari.
Attraverso la istituzione dei treni popolari di Ferragosto e che arrivavano sempre in orario, con prezzi fortemente scontati. Questo permise anche alle classi sociali meno abbienti di visitare le città italiane o di raggiungere le località marine o montane. L’offerta era limitata al periodo tra il 13-15 agosto e poteva essere acquistata in due formule: la gita di un sol giorno, nel raggio di circa 50-100 km; e la gita dei tre giorni a 100–200 km di distanza massima.
Durante queste gite la maggior parte delle famiglie italiane ebbe per la prima volta la possibilità di recarsi in villeggiatura al mare, in montagna e nelle città d’arte. Poiché che le gite non prevedevano il vitto, però, nacque anche la collegata tradizione del pranzo al sacco. Per la tradizionale grigliata di Ferragosto, bisognerà attendere il boom degli anni ’50.
Chissà se, oggi, alla festa dell’unità di Casalgrande (Reggio Emilia) dove ci si scatena tutta la notte sulla pista del liscio sulle note dell’orchestra di Antonella Marchetti, faranno mente locale al fatto che quanto stanno facendo è al limite dell’apologia. Sì perché pochi sanno, o meglio ricordano, che Ferragosto è soprattutto una ricorrenza “fascista”. E’, infatti, come già detto e di certo, con il regime di Benito Mussolini che questa ricorrenza diventa poi uno dei riti più apprezzati e rinnovati dagli italiani, quello della “gita”.
In Italia, durante il regime fascista: la Carta del Lavoro del 1927 sanciva infatti il diritto “dopo un anno di ininterrotto servizio” a un periodo di “riposo feriale retribuito” (art. 17).
Nel 1948 la Costituzione repubblicana ribadiva il concetto di “vacanza obbligatoria”: “Il lavoratore ha diritto a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi” (art. 36).
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